La Cassazione smorza le velleità elettorali degli avvocati uscenti: ineleggibile gran parte del direttivo teramano

TERAMO – La sentenza è fresca è lapidaria e rischia, anche a Teramo, a provocare un ciclone dalle conseguenze epocali, come sta avvenendo un po’ in tutti gli ordini forensi nazionali, dai più blasonati alla lontana periferia: le Sezioni unite civili della Cassazione sancito la ineleggibilità ad un ulteriore mandato di quegli avvocati che ne abbiano espletati già due consecutivi. L’effetto è devastante alla vigilia delle elezioni per il rinnovo degli ordini forensi un pò dappertutto, A Teramo si voterà il 17 e il 18 di dicembre per scegliere il nuovo consiglio e il nuovo presidente, con Guerino Ambrosini pronto a sfidare eventuali altri candidati per il terzo mandato. Da due giorni però, gli Ermellini hanno ‘cassato’ una disposizione destinata a segnare la candidatura di Ambrosini e di almeno la metà del consiglio forense uscente. Nella stessa condizioni si trovano infatti almeno altri 8 avvocati del direttivo guidato dal 62enne legale teramano, nel consiglio direttivo dal 1998, eletto alla presidenza nel gennaio 2015 per la seconda volta dopo quella del 2012 (quando succedette, dopo 12 anni, a Divinangelo Di Alesio).
La massima giurisprudenziale è stata provocata dal ricorso presentato da un avvocato dell’Ordine di Agrigento contro l’elezione di quel consiglio forense, proprio sottolineando la presenza tra gli eletti di colleghi con almeno due mandati di esperienza alle spalle. Da un lato lui, dall’altro il Consiglio nazionale forense, ma non l’Associazione che proprio in queste ore ha commentato positivamente la sentenza delle Sezioni unite civili. Il segretario dell’Anf, Luigi Pansini: «E’ grave – ha detto – che i giudici di legittimità debbano evidenziare ancora una volta agli avvocati un principio basilare di legalità e democrazia per evitare “una cristallizzazione di posizioni di potere nella gestione delle compagini rappresentative». Bando dunque al rischio di ‘autoconservazione’ con negativo riflesso su correttezza e imparzialità dell’espletemento delle funzioni. Ma i giudici hanno detto di più: è un passo verso una effettiva democrazia di rappresentanza, che fa venire meno quei ’centri di potere’ che, a giudizio ancora del presidente dell’Associazione nazionale forense, «cntinuano a sussistere in seno alle istituzioni forensi». Non sarà il caso di Teramo, ma sembra dunque finita l’epoca di consigli degli avvocati dove il presidente ‘resisteva’ per almeno tre o quattro lustri, chiudendo di fatto la strada all’alternanza, al ricambio generazionale e a diverse prospettive.
Cosa farà adesso il presidente uscente Ambrosini? Si ricandiderà ugualmente, correndo il rischio di vedersi contestata la ineleggibilità successivamente ad un suo eventuale nuovo successo? Difficile da interpretare, anche perchè la sentenza datata 18 dicembre, arriva ad una manciata di giorni dalla scadenza delle candidature al rinnovo delle cariche, per norma fissata a due settimane dalla data del voto. Ma la sentenza ha ‘terremotato’ la gran parte della compagine uscente, cioè di alcuni legali molto probabilmente avviati verso la conferma della propria candidatura, con effetti destabilizzanti sulla tenuta della strategia politica che accompagna questo rinnovo 2019. Sotto questo aspetto formale, non è difficile intuire la grave responsabilità che preme sui componenti delle commissione elettorale, attesi dal delicatissimo compito di verifica dei requisiti di candidabilità ma adesso anche di ineleggibilità alla luce della sentenza della Cassazione.